“L’ideologia gender sta arrivando dappertutto: si organizzano certe leggi, si organizza l’economia. E’ necessario reimpostare tutto il sistema mondiale”. L’arcivescovo di Madrid, Carlos Osoro Sierra, lancia l’allarme al Sinodo, chiarendo che la sua posizione è maggioritaria all’interno del consesso dei prelati riuniti per discutere la dottrina della Chiesa sulla famiglia.”Questo timore si è molto manifestato nei lavori dei Circoli Minori”ha detto il presule spagnolo, che aggiunge: “Diversi interventi hanno sottolineato l’ideologia gender che incide non solo sugli aspetti affettivi, ma anche su quelli economici della famiglia”. Ma partiamo dall’inizio. Al termine della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, celebrata nel 2014, papa Bergoglio ha deciso di rendere pubblica la “Relatio Synodi”, un documento con il quale si sono conclusi i lavori sinodali. Allo stesso tempo, il monarca ha indicato che questo documento avrebbe costituito i “Lineamenta” per la XIV Assemblea Generale Ordinaria sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”, in programma dal 4 al 25 ottobre 2015. All’inizio di questo sinodo il cardinale relatore, l’ungherese Péter Erdõ, nel suo discorso d’avvio dei lavori, ha spazzato via anche le residue ambiguità sulla posizione de Vaticano presenti nell'”Instrumentum”: no alla comunione ai divorziati risposati e nessuna analogia tra le unioni omosessuali, matrimonio e famiglia. Il loro mantra, infatti, è, ed è sempre stato, che la dottrina resti intatta, e questo sinodo serve unicamente per aggiornare la “pastorale”e, infatti, diverse contestazioni sono formulate solamente sulla pastorale: c’è chi chiede maggiori citazioni bibliche e chi mette in discussione l’impostazione e lo stile. Ma gli attacchi politici rimangono quelli della tradizione: il fondato sul matrimonio tra uomo e donna, i“rischi dell’ideologia gender”, “l’ideale della castità e del valore dell’oblatività”e gli“efficaci interventi legislativi finalizzati al sostegno delle realtà ecclesiali che sono vicine alle famiglie ferite”, sottolineando poi “i limiti di un femminismo all’insegna della sola uguaglianza che schiaccia la figura della donna su quella dell’uomo e i limiti di quello all’insegna della sola differenza che tenta di allontanare le identità uomo-donna”. Durante il suo viaggio apostolico a New York, papa Bergoglio ha avuto ben due colloqui molto significativi sul tema dell’omosessualità, argomento che aveva creato scompiglio, anche tra i vertici ecclesiastici, ma su cui Bergoglio non aveva mai fatto confusione. «Chi sono io per giudicare i gay?» disse qualche tempo fa. Ma se qualcuno si era illuso di poter arruolare Bergoglio nella battaglia per gli «equal rights» forse non conosce appieno la retorica gesuita. La teologia della Chiesa non si è mai, nella sua storia, scagliata contro i meri gusti sessuali delle persone (la differenza tra gusto e atto per loro è sostanziale), e quella del Monarca fu un’arguta mossa mediatica. In primo colloquio del Pontefice, durante la sua visita negli Stati Uniti, è avvenuto con la cattolica Kim Davis e il suo quarto marito (è pluridivorziata): l’impiegata comunale del Kentucky che era stata in carcere per cinque giorni all’inizio di settembre per essersi opposta, invocando motivi religiosi, alla richiesta di una corte federale di rilasciare delle licenze per alcuni matrimoni (omosessuali). Kim Davis e il marito si trovavano a Washington per ricevere un premio «Il costo di essere discepoli, Cost of Discipleship» venerdì 25 settembre dal «The Family Research Council» al Omni Shoreham Hotel. L’incontro col Papa è avvenuto in segreto, giovedì pomeriggio, nella Nunziatura, ed è durato circa 15 minuti. «Il Papa mi ha parlato in inglese – ha dichiarato Kim Davis – non c’erano interpreti. Mi ha detto: “Grazie per il suo coraggio”. Ho risposto: “Grazie a Lei, Santo Padre”. In precedenza avevo chiesto a un monsignore quale fosse il modo corretto di rivolgersi al Papa, e se fosse appropriato che lo abbracciassi, e mi hanno detto che sarebbe stato ok abbracciarlo. È stato un momento straordinario. “Resti forte” mi ha detto e mi ha dato in dono un rosario, e uno a mio marito, Joe. Sono scoppiata a piangere, ero profondamente emozionata». Un incontro particolarmente significativo, alla luce del secondo colloqui e delle dichiarazioni molte nette del Pontefice in tema di obiezione di coscienza espresse durante il viaggio di ritorno dagli Stati Uniti. Infatti, a bordo del volo papale che lo riportava in Italia dopo più di una settimana passata tra Cuba e gli Stati Uniti, tuona davanti ai giornalisti: « L’obiezione di coscienza è un diritto umano che non può essere negato. Se a una persona non si permette di fare l’obiezione di coscienza gli si nega un diritto. In ogni struttura giudiziaria deve entrare l’obiezione di coscienza, perché é un diritto umano. Altrimenti, finiamo nella selezione dei diritti: questo é un diritto di qualità, questo no”. Prima però, c’è da annotare un siparietto che, alla luce delle sovra citate dichiarazioni, fanno capire la struttura politica costruita intorno a questo Monarca. Per la precisione, come specifica la Santa Sede, quest’ultima è stata l’unica udienza ufficiale concessa dal Pontefice prima della partenza per Roma. Si trattava, spiega padre Lombardi, “di un suo antico alunno con la famiglia”: Yayo Grassi, ex alunno di Bergoglio al collegio dell’Immacolata Concezione di Santa Fé, 67 anni, imprenditore argentino che si occupa di catering. Dopo alcuni contatti mail tra il professore e il suo giovane allievo, dai toni molto aspri in quanto il ragazzo aveva parlato a Bergoglio della sua omosessualità, i due non si sono sentiti per molti anni. Grassi aveva poi incontrato Bergoglio a Roma quando quest’ultimo fu nominato Papa, nel 2013, con la logistica ben organizzata in stile hollywoodiano, e lì, presso l’ambasciata americana, si è avuta la brillante idea di riproporre lo show durante il viaggio in America del Santissimo Padre. Meno studiate, invece, sono state le scottanti rivelazioni del sacerdote Krzysztof Charamsa, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale vaticana, docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, insomma un astro nascente nelle gerarchie vaticane. Qualche giorno prima dell’apertura del Sinodo, all’ora di pranzo, in una conferenza stampa allestita in un ristorante vaticano dove si presenta accanto all’uomo che ama egli accusa: «Devo parlare di ciò che ho subito al Sant’ Uffizio, che è il cuore dell’ omofobia della Chiesa cattolica, un’ omofobia esasperata e paranoica».Che la sortita non fosse stata concordata con l’ entourage di Bergoglio, rimast
o spiazzato, lo si è capito sin da subito, quando il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, denuncia che «la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell’apertura del Sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica». Quanto a Charamsa, «certamente non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la Dottrina della Fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano».
Chi si stupisce del contrario?
‘Gnazio